12 Dicembre

Cloro, cloro e cloro: a due settimane è ormai diventato la mia acqua di colonia.

Ebbene si, ho iniziato anche con nuoto. Ed è tutta un’altra storia.
A dirla tutta confidavo in uno sport un po’ più tranquillo, giusto per mantenersi in forma e non decadere nello stereotipo americano. Macchè! In confronto il football era come giocare a carte.
Vasche dopo vasche, tre ore di allenamento tutti i giorni, anche il sabato. Da matti!
Però mi diverto, la gente è indubbiamente più socievole (vi ricordate le categorie?) il mio fisico e la mia mente lo sentono.
Ho iniziato a mangiare la quantità di un pasto per quattro persone ed il piacere nello sprofondare nel mondo dei sogni (è capitato anche sul prestino) è assolutamente maggiore.
 Domani abbiamo la prima gara: gareggio nella staffetta, nei 100 piedi (quattro vasche insomma, mamma mia come suona male) e nei cinquanta, tutto a stile libero. Mi hanno detto che ce ne ho abbastanza, di stile libero (ahahaha… pessima…), quindi vada per quello.
Domenica alle 7 di mattina (santocielo!) mi squilla il cellulare. Con una voce piuttosto solare e cristallina (santocielo!) rispondo: “Hello?!” (non ho ancora capito se è una domanda o un’affermazione) “Ciao Silvio, sono Larae.” (naturalmente non è la prima volta che mi telefonano dal piano di sopra, e così siamo al terzo santocielo!) “Sono in ospedale, mi verreste a prendere?” SANTOCIELO!
Prima ancora di rispondere mi sono chiesto perchè chiamasse me, ma francamente mi sono detto di non volere una risposta. Niente di eccessivamente grave, una piccola infiammazione al fegato. “Silvio non fare domande, non farle!”
Naturalmente non ho potuto. Così nel tragitto di ritorno a casa ho azzardato un innocente e curioso “Ma come mai?“, subito atterrato da un sarcastico “Sai, a volte le persone si ammalano!” Grazie tante, non penserai di riuscire a fermarmi così facilmente?
Si certo, ma non è stato, per caso, qualcosa che hai mangiato?” Che ne so, le otto lattine di coca cola giornaliere? Il fatto che chiedi di togliere le verdure persino nei panini di McDonald? O forse i sacchetti di caramelle che inondano la cucina? “No, a volte capita, ma ora sono stanca e la morfina mi fa girare un po’ la testa.
Ti hanno dato della morfina??? Silvio, per oggi direi di finirla con le domande.
Qualche giorno fa hanno organizzato una festicciola con qualche vecchio amico qui a casa. Si stava parlando di soldi e come la sanità, l’istruzione e la vita in generale sia piuttosto costosa. Così è saltato fuori il discorso Hamish. per chi non lo sapesse gli Hamish sono persone che vivono in delle comunità disperse nel bel mezzo del nulla nelle grandi pianure del centro America. Vivono in fattorie coltivando i campi, allevando animali, senza elettricità o tecnologie, cucendosi i vestiti, avendo le carrozze con i cavalli, e niente acqua corrente. I genitori istruiscono i figli, spesso le donne hanno ben pochi diritti, hanno la propria legge e procreano tra di loro. Un ‘700 senza rivoluzioni tecnologiche o sociali e soprattutto senza futuro.
Ma cosa centra questo con i soldi ed il costo della vita? Il collegamento è stato fatto da un amico di Roy che, un bel giorno, andando a caccia con il figlio, è stato avvicinato da un tizio barbuto. Il tale infatti, a causa dei numerosi casi di occhi storti e malformazioni genetiche negli ultimi nati, cercava un potenziale “donatore di sperma” per una delle donne della comunità. Si, donatore di sperma, ma alla maniera del 1700: niente partner, niente intimità o altro, ma un buco in una coperta, la ben poco gratificante consapevolezza nel sapere che sotto la coperta c’è un qualche essere, sperando umano, e qualche decina di occhi che ti scrutano durante il tuo generoso “versamento”. Cinquecento dollari per quella che si potrebbe definire poco più di un gingillamento in pubblico.
Quando ieri mi è arrivata la fattura della luce devo dire di averci fatto un pensierino!
Io ero da una parte, assorto nella conversazione, con la bocca spalancata, incerto se ridere, piangere, piangere dal ridere o altro.
Mi scuso per la terminologia under age, ho cercato di contenerla, ma certe cose non si può fare a meno di non raccontarle!
Buona Santa Lucia a tutti!
P.s. Se dopo la lettura di queste righe vi venisse in mente di organizzare un viaggio nelle praterie del Mid-West, un consiglio, evitate!

25 Novembre

C’è qualcosa di più americano delle festività autunno\invernali?

Assolutamente no!
Da qualche settimana è ormai passato Halloween. Da matti! Già un mese prima si iniziavano a vedere le prime decorazioni, zucche di qua, zucche di là, spaventapasseri, fantasmi e lapidi, ed il 31 ottobre non è stato altro che il giorno in cui si sono dovute cambiare le decorazioni in vista del giorno del ringraziamento.
Naturalmente io, in nome di quest’esperienza e dei principi che comporta mi sono immerso in… tutto quello in cui ci si poteva immergere!
Ed Halloween è stata probabilmente la parte che ha fruttato di più. Per un pomeriggio intero, unito alla schiera di bambini dell’asilo di LaRae, sono andato di casa in casa a bussare alla porta di, perlopiù, arzille vecchiette e quadretti famigliari alla “film americano”. Dolcetto o scherzetto? Sono tutti felicissimi di ammirare il tuo tetro costume, per poi riempirti la borsa di caramelle ed ancora ringraziarti con un bel sorrisone!
Eppure mi chiedevo, dov’è il trucco? Voglio dire, è sicuramente una bella tradizione, divertente per i bambini e tutto il resto, ma se uno volesse farsi i, passatemi il termine, cavolacci suoi e non essere disturbato trecento volte nel giro di due ore sentendosi ripetere la stessa frase seguita dalla conseguente performance artistica? (si, qualcuno fa un balletto, recita una filastrocca, oppure piange…)
Signori e signore, ecco svelato il trucco! Ogni casa dispone di una luce esterna, spesso sopra la porta principale od il garage: se quella è accesa significa “via libera!”, “caramelle per tutti!” o “suonate il campanello, non aspettiamo altro!”, nel caso fosse spenta, lasciamo correre l’immaginazione…
La sera stessa, dopo il giretto (due ore e mezza!) con i bambini anche Bella, la ragazza austriaca che vive in fondo alla strada, ha chiesto a me e Stephanie di andare anche con lei, per una cosa un po’ più da… grandi! E come rispondere di no?! Un po’ più mascherato (un neo gigante sul labbro ed una cicatrice nera sotto l’occhio destro) ho iniziato a bussare di porta in porta.
“Davvero?”, “Ragazzi, ma quanti anni avete?”, “Per lo meno potevate vestirvi decentemente!”, “E magari volete anche le caramelle?”, “Mi sono rimaste due birre, vanno bene lo stesso?”. Dopo una decina di case abbiamo deciso che la nostra prima esperienza halloweeniana sarà probabilmente anche l’ultima.
Ma come dicevo il 31 è stato, almeno per gli adulti, solamente il tempo mi cambiare le decorazioni. I fantasmi si sono trasformati in tacchini e le zucche in cumuli di foglie ed altri ornamenti autunnali.
Proprio ieri abbiamo infatti festeggiato il Thanksgiving. Purtroppo, (o forse per fortuna) è stata una giornata un po’ più tranquilla di Halloween: mattina a messa (cerimonia intramezzata dalla proiezione di un bel power point su tutto ciò per cui dovremmo ringraziare) e poi pranzo con i parenti.
Ho visto tacchini che potrebbero essere scambiati per struzzi, e ne ho visti a stormi! Abbiamo mangiato per ore! Ogni tanto arrivava un desset, illudendomi che fossimo alla fine, e poi d’improvviso spuntava da qualche parte un pezzo di tacchino.
Ma il pezzo forte è arrivato alle 7 la sera: il Black Friday! Si tratta di una notte, la notte del Ringraziamento, dove tutti i negozi sono aperti, offrendo articoli con prezzi da paura, spesso però in numeri limitati. (Nulla di più capitalistico di così: attirano i clienti a flotte con grandi prezzi, ma poi, quando solo due o tre rimangono soddisfatti, le altre centinaia, in fila per ore nel negozio, devono rifarsi in qualche modo per il tempo perduto, la rabbia e la tensione accumulata. E cosa meglio di altro shopping?)
Ecco i risultati della serata: dalle 7 alle 12.30 siamo rimasti in coda per accaparrarci una delle 18 Playstation 3 super-mega scontate. E stata assolutamente una serata da pazzi! Ho visto signore azzuffarsi per un frullatore, gente che rubava dai carrelli, (per poi pagare comunque alla cassa) e soprattutto ho visto centinaia e centinai di persone raggiungere i più degradanti livelli dell’intelletto umano per il piacere di impossessarsi di superflue chincaglierie.
Ed un’altra esperienza è stata barrata dalla lista. Ma non fraintendetemi, sono cose che bisogna vedere!
Così anche per le decorazioni è arrivato il momento di fare posto a quelle invernali, o meglio, natalizie. A dire il vero qualche settimana fa è iniziata la confusione. Si iniziava a vedere qualche tacchino in braccio a Babbo Natale, qualche pupazzo di neve su un letto di foglie gialle, addirittura una vecchia zucca con un cappello rosso ed un pon pon.
Ora comunque le idee si sono fatte più chiare e, nonostante manchi proprio un mese, natale è come se fosse già alle porte.
La neve è arrivata ormai da qualche settimana, e nonostante non nevichi più da un po’, non vuole saperne di sciogliersi. Le temperature non fanno altro che abbassarsi, ma mi sembra quasi che ci stia facendo l’abitudine. Naturalmente, come quotidianamente molti compagni di scuola mi ricordano, il peggio (o il bello) deve ancora arrivare.

7 Novembre

Tempo di tirare le somme. Circa.

Ieri infatti si è conclusa una delle più importanti parti di questo viaggio.

La mia prima, e probabilmente ultima, stagione footballistica si è formalmente finita.
E non male, per la cronaca.
Nonostante le ripetute sconfitte durante l’autunno, con l’inizio dei Play Offs sono iniziate anche le vittorie: ben tre (non male su un massimo di sei, per arrivare ai nazionali!)
E così, la sera scorsa siamo arrivati al tanto sospirato Fargo Dome, lo stadio colossale di una famosa cittadina universitaria in North Dakota.
Le luci, il frastuono, le migliaia di posti (per lo più vuoti), tutto che convergeva sul centro del campo, su di noi. Erano otto anni che la nostra scuola non arrivava così avanti nel campionato.
Come naturalmente avete capito è stato un massacro. L’ultimo. Il più fico.
Molti miei compagni di squadra piangevano. Per molti è l’ultimo anno di high school, cosa che significa anche l’ultimo anno di football.
Io però sono contento. Certo, c’è quell’amaro in bocca di quando sai che hai finito qualcosa che non potrai più fare od avere, ma come sapete, amo cambiare, provare cose nuove, ed ora è arrivato il momento.
Il football mi ha dato molto in quest’esperienza. Mi ha fatto conoscere nuove persone e vivere delle sensazioni ed avventure che in una realtà “europea” non avrei potuto vivere. Mi sono divertito.
Forse non posso dire che il football è il mio sport preferito, anzi, ammetto che a volte, dovendo stare in piedi, correre come un disperato e prendere un po’ di botte sotto l’acqua scrosciante o un freddo polare, mi è passata per la mente la frase “Ma chi me lo fa fà!“, ma poi ho stretto i denti e continuato questa sfida, questo gioco con me stesso.
Ed ora posso dire di avere giocato a Football Americano!
Questa settimana è finalmente finito anche il primo novesettimanemestre di quest’anno.
Algebra continuerà con la classe successiva, stesso insegnante stessi argomenti. Biologia invece farà un salto incredibile in avanti. Dal livello 1 passerò infatti direttamente all’ultimo, quello per il college. Dicono che sarà una delle classi più difficili, ma anche più divertenti, con esperimenti all’aperto e dissezioni di animali (anche gatti!!!).
Composition 1 verra invece sospesa, in attesa del proseguimento nell’ultimo periodo dell’anno, in primavera. Al suo posto frequenterò psicologia livello college! Non vedo l’ora!
Le ultime due ore, invece che architettura e grammatica inglese (forse la classe che mi ha dato meno), seguirò cinematografia e teatro, due delle materie più divertenti.
Per ora That’s all folks!
News nei prossimi giorni!

28 Ottobre

“In gennaio farà così freddo da spararsi!”

Brutta esclamazione, in un paese dove le pistole si possono trovare al supermercato.
Ultimamente sembra che le temperature non facciano altro che abbassarsi. Le giornate sono bellissime e soleggiate, ma un vento glaciale soffia dalla mattina alla sera.
E sui campi da football, in pantaloncini e manche corte, sono lame che mi trafiggo ininterrottamente. “Still cold, ah?” E giù risate.
Ma come fanno? E’ davvero possibile abituarsi al freddo? Certo, lo faranno un po’ per spavalderia ed un po’ per prendermi in giro, ma quando, tremante e con i peli delle braccia a mo’ di spilli, dò un’occhiata alla loro pellaccia sperando di intravedere una pelle d’oca che non mi faccia sentire l’unico pazzo del villaggio (letteralmente), ogni volta rimango deluso. Che dopo tutti questi anni abbiano perso la sensibilità? Evoluzione della specie? Mutazione genetica? Mah. Intanto io mi sono comprato un pratico giaccone per la scuola, la neve, e le spedizioni artiche.
Mercoledì sono iniziati i Play Off. Ormai sicuro di perdere e concludere così la mia carriera footballistica, mi stavo già prospettando caldi venerdì sera con gli amici, tra cinema e festicciole.
Sbagliato. Perchè dopo una stagione di cori ben poco felici (losers, losers,…), abbiamo (si, uso il plurale maiestatis) deciso di iniziare a vincere. Così domani sera mi aspetta l’ennesima serata al freddo a bordo campo.
Ma per la partita di martedì sera scorso ho avuto un’illuminazione (o piuttosto il cervello si è scongelato per qualche secondo): perchè non indossare un a bella felpona sotto l’armatura? E’ possibile che non sia venuto in mente a nessuno?! Cavolo, l’italiano è un genio!
Naturalmente la banalità di tutto ciò era sospetta, proprio per il fatto che ero l’unico! Ok, americani, ma non troppo! Così, per sicurezza, l’ho ben nascosta sotto una più leggera maglia dalle maniche lunghe.
Cosa ho mai fatto.
Verso la fine della partita l’occhio fulmineo del coach ha intravisto una gobba sospetta sotto quella che ho scoperto chiamarsi shoulder pad (la fantomatica armatura). “E’ illegale!” “Toglitela subito prima che uno degli arbitri ti veda!” “Voi forse farci espellere per “abbigliamento irregolare”?”
Ops.
Durante l’ultima settimana di architettura ha lavorato con cura e perizia alla progettazione e costruzione di un dettagliatissimo modello in scala di una classica abitazione americana. Fiero del mio lavoro, l’ho appoggiato sul tavolo inutilizzato della cucina.
E’ durato quasi sei ore. Non so come o perchè, ma per ora lo sconforto è troppo grande per iniziare un’investigazione. Nella foto potete vede quel che ne resta.
Stefanie è malata, o almeno questa è la traduzione della parola che usa per descriversi negli ultimi due giorni.
Tre giorni fa, io, ho avuto un po’ mal di testa, passato con una bella dormita.
Ebbene, lei è riuscita a convincersi che gliel’abbia passato. Il mal di testa! Invani i tentativi di spiegazione.
Grazie per le continue sollecitazioni ad aggiornare il blog. Mi fanno davvero sentire che nonostante i chilometri (o le miglia, meglio, di sicuro non le libbre) i miei genitori e amici mi sono sempre vicini. Però il tempo è poco e di sera la stanchezza si fa un po’ sentire.
Ma non dubitate, magari dopo una settimana o dieci giorni, comunque le mie notizie non mancheranno mai.
Un abbraccio

19 ottobre

E così, alle ore 20.30 di mercoledì 19 ottobre, arrivò la neve.

19 ottobre!

Ebbene si, proprio un’oretta fa, durante la penultima partita di football è caduto qualche fiocco di neve sul campo e sui nostri caschi tremanti. Scioccato. Non più di qualche fiocco, ma ormai si è instaurata la convinzione che questo sarà un lungo, lunghissimo, freddo, freddissimo, inverno.
Il tutto naturalmente vissuto a bordo campo, a cercare di seguire la partita, di riscaldare le povere dita ormai insensibili ed ad aspettare gli ultima venti secondi (prima di una bella sconfitta) per fare, anzi, subire, qualche placcaggio.
Il football è proprio alla fine. Mercoledì prossimo ci sarà la prima, e probabilmente ultima, partita per le eliminazioni dei play offs. Le previsioni infatti non ce la danno buona, forse per la squadra troppo forte (avversaria, naturalmente), o forse per il fatto che in tutta la stagione abbiamo vinto due partite su una dozzina, fatto sta che allenatori e giocatori girano a testa bassa e, più che parole di incoraggiamento, dalle bocche escono solamente sospiri.
Ma va bene così. Ho avuto la mia bella esperienza ed ora è tempo di cambiare.
Invece, un successo che tra i ragazzi della mia squadra si ricorderà a lungo, è stato la cena di ieri sera. Per l’ultima settimanale “Spaghetti supper” ho infatti cucinato io. Il sugo al ragù all’italiana ha spopolato: sono due giorni che non sento altro che commenti del tipo, “La pasta più buona della mia vita”, o, “D’ora in poi verrò sempre a mangiare da te!”. Lo stereotipo dell’italiano mago dei fornelli (falso, almeno per me), in questo caso è stato invece, stranamente e piacevolmente, confermato.
Però che sudata! Innanzitutto devo ringraziare per il successo mio padre e mia madre, che hanno girato e caricato su You Tube un video-ricetta con tutte le istruzioni e procedure da seguire: senza di questo avrei combinato ben poco (e non mi sarei fatto tutte quelle ristate). Ho impiegato un’intera serata solamente per preparare il sugo: un’allegra serata trascorsa tra il panico per l’accorgersi di non avere tutti gli ingredienti, la disperata ricerca di un’alternativa, l’accorgersi che mentre si stava pensando troppo tutto andava a fuoco, il cercare di convertire i grammi di sugo in miglia per poi accorgersi che c’è qualcosa che non va, le due bolle sulle dita a causa di una scottatura, e altro ancora. Sembrava impossibile, ma ce l’ho fatta! Se forse il sapore non era proprio “come quello della mamma”, anche il mio ragu-senza-accento italo-americano è piaciuto. L’unico lato negativo della storia è che mi è stato intimati di evitare in qualunque maniera di introdurre altre cipolle in questa casa. Forse per fatto che da due giorni qualunque oggetto\persona che si trovi o anche solo passi tra queste mura sappia terribilmente di cipolla, o che Roy abbia dormito una notte sul divano perchè non riusciva a stare vicino alla moglie a causa del gradevole aroma? Mah.
Per i prossimi quattro giorni sono in vacanza! Verso la fine di ogni periodo in cui è diviso l’anno scolastico (4) la scuola viene sospesa per qualche giorno, per “resettare” i professori, prepararli per le nuove materie ed organizzare tutti i diversi cambiamenti. Sounds good!
Noi domani ne approfittiamo per andare a visitare un college che interessa a Stephanie, in una città a qualche decina di miglia da qui.
Prometto che nei giorni successivi mi farò sentire un po’ di più.
Buona notte, calda Italia!

9 Ottobre

Ehy Steph! Sai, questa sera, tornando dalla partita abbiamo investito con l’autobus una… mmm… come si chiama quell’animale bianco e nero che puzza terribilmente?”

Una zebra!

… Ecco, esatto! Nel bel mezzo del Minnesota abbiamo investito una zebra con un autobus, e te lo sto raccontando.
Sono quasi le 11 di domenica sera, spero capiate se sarò breve.
Le settimane si stanno facendo sempre più intense e io naturalmente cerco di viverle al meglio.
Il football si sta avviando verso la conclusione della stagione: in due settimane inizieranno i play off, le eliminazioni, e noi sicuramente non dureremo più di qualche partita. Per esempio due sere fa abbiamo davvero raggiunto il fondo: 56 a 7, naturalmente non a nostro favore. Ma infondo l’importante è giocare, divertirsi (o come dice il coach: “punch in the face! Grrr”). Ma guai a dirlo! Mi sono azzardato ad accennarlo la settimana scorsa, con un pessimo risultato: tutti si sono girati a guardarmi male e solo un’anima buona che ha colto la mia ingenuità, mi ha sussurrato, “si, ma è più divertente se si vince!” Effettivamente non fa una piega!
E finito il football, ho deciso che mi darò al nuoto. Certo, perchè mi piace nuotare, ma anche per cambiare gente (e stare più al caldo!). Si, cambiare gente!
Negli ultimi tempi ho infatti notato che i ragazzi, a scuola, si possono dividere in tre categorie: quella dei giocatori di football, che in inverno diventano giocatori di hockey e in primavera passano al baseball; sono quelli più popolari, massicci fisicamente, antipatici, poco comunicati e… se la tirano un casino. C’è poi la categoria dei nuotatori, in inverno, che attualmente sono i corridori nelle gare di Cross Country (corsa a squadre) e che in primavera non praticano nessuno sport, per dedicarsi alla scuola, agli amici ed a godersi il bel tempo; sono per lo più simpatici, asciutti, se la tirano il giusto e sono piuttosto socievoli. Io, che mi riservo comunque il posto, a parte, di spettatore dall’alto, ho pensato infatti di avvicinarmi di più a questa categoria per i prossimi mesi.
Naturalmente non mancano i casi a parte, sia in una fazione che nell’altra.
Ma ho detto tre categorie! La terza infatti è un must di qualsiasi scuola al mondo, la si potrebbe dividere in altre centinaia di sotto categorie e analizzarne i più disparati elementi che la compongono, ma io, per questa volta, mi limiterò a definirla la categoria dei nerd, degli emo-truzzi-alladisperataricercadiunostiledivitamodaepensieroalternativochealterantivononè e dei ragazzi “fisicamente non eccessivamente atletici”.

Per la sezione femminile mi riserverò un’accurata analisi nelle prossime puntate.
Anche con la scuola ci stiamo avvicinando alla fine delle prime nove settimane, al primo cambio di materie.
Composition 1 mi prende sempre molte sere, a scrivere e leggere, ma sto migliorando sempre più e mi sembra di vederlo anche con il mio inglese. Per adesso C+, ma in aumento!
Apprezzo sempre di più il sistema scolastico, la divisione dei tempi e soprattutto il rapporto docente-alunno. Più aventi mi soffermerò anche su questo.
Ma ora è tardi e sono piuttosto stanco.
Sento sempre il sostegno della mia famiglia e dei miei amici, cosa che, nonostante mi manchino molto, mi fa sempre estremamente piacere.
Faccio sempre più caso alle diversità tra me, noi, Europei, anzi, Italiani e le persone di qui. Vedo i lati positivi e negativi di entrambi i partiti, ma mi fa sempre più piacere essere quello che sono, un Italiano, riconosciuto tale dagli altri, ma anche da me stesso.
Buona notte
P.s.: per chi non avesse capito, l’animale era una puzzola!
 

1 Ottobre

Vi ricordate la storia del bagno? Beh, ora ho anche rotto la porta.

A quanto pare ultimamente qualunque cosa tocchi si rompe!

Proprio dici minuti fa, infatti, aprendo la porta del bagno, mi è rimasta in mano maniglia e serratura. Se la cosa funzionasse a comando potrei farmi scritturare dalla Marvel per un nuovo film di supereroi: la storia di un giovane exchange student che per caso scopre nuovi super poteri e che, inevitabilmente, alla fine lo portano a salvare il mondo (tanto per cambiare) dalla… mmm… chiusura mentale?!

Homecoming! La mattinata si è svolta normalmente, almeno fino alle due, quando siamo tutti usciti dalle classi, chi solo per vedere, e chi anche per partecipare attivamente, alla parata della scuola! E io, naturalmente (…), ho “partecipato attivamente“! O almeno così mi hanno fatto credere! Senza dirmi nulla, mi hanno fatto saltare sul carro della squadra di Football (un camioncino trainato a mano da quelli del penultimo anno), già in movimento, ritrovandomi così a salutare i più patriottici spettatori, armati di bandiere e bandierine, ed i bambini urlanti per le vie del paese. C’era il carro degli studenti dell’ultimo anno, quello della squadra di pallavolo, nuoto e tennis, quello dei contadini, quello dei nerd e quello dei professori. A seguire i pompieri, la polizia (a sirene spiegate) e qualche trattore.

Troppo americano!

La partita, qualche ora dopo, è stata il tasto dolente della giornata (almeno per gli altri, perchè per me è un divertimento soltanto vedere l’allenatore con i lacrimoni e tutte le cerimonie ed i discorsi di inizio gioco). Abbiamo infatti perso 41 a 7. Poco male, perchè a pochi importava del risultato, bensì di quello a seguire: la festa al Country Club.

Già il nome suona bene, fa molto “Circolo del Golf” (strano ma vero, più tardi ho scoperto che era proprio la sala della sede del Circolo di Golf: che emozione!). Solita festa studentesca, solo molto più americana! Non tanto per l’ambiente o la musica, ma più per le persone! Non solo nessuno sapeva ballare (e certamente io non mi vanto di saperlo fare), ma nemmeno come muoversi, seguendo la musica o muovendo parti del corpo! La maggior parte sembravano disperati in preda alle convulsioni che si agitavano senza prestare ascolto al ritmo o anche solo alla canzone. Non dico solo maschi, ma anche femmine! Da morire dal ridere.

E poi c’è stato anche qualche ballo di gruppo, unica cosa che sembravano saper fare decentemente, ma solamente perchè il testo della canzone diceva come, cosa o dove muoversi: tremendo! L’equivalente americano del nostro “Pinguino, saltino,…” per chi lo conoscesse. Ma è stato molto divertente. Mi continuavano a dire che ballavo benissimo (poveri loro) e mi strattonavano di qua e di là per ballare con loro, loro amiche, gruppi di amiche o con la preside. (per l’ultima mi sono gentilmente rifiutato, spero capiate)

A mezzanotte tutti a casa, a nanna.

Come diceva un giovane Will Smith in Men in Black, “Con oggi ho segnato almeno nove punti sul mio schifezzometro” (anche se il mio lo chiamerei piuttosto “popularometro”, o qualcosa del genere).

P.s. Alla fine una ragazza della mia classe di inglese ha avuto la meglio nella gara per accaparrarsi la mia maglia di Football. E’ simpatica e carina, ma non proprio il mio tipo.

27 Settembre

Ho intasato il bagno.

Non chiedetemi come ho fatto, perchè non ne ho idea. Ma ieri, al piano di sotto, c’era cacca ovunque.

Fortunatamente la mia camera si è salvata, ma un dolce aroma aleggia ancora per le stanze. Da quanto ho capito però non è stata – completamente – colpa mia, ma la pompa era vecchia ed usurata a causa dei continui risciacqui durante le ore di Day Care (l’asilo). Non un eccessivo problema quindi, se non fosse che proprio ieri era il compleanno di LaRae!

“Hey LaRae, ho intasato il bagno! Buon compleanno!”

A parte questa emozionante sorpresa, la serata non è stata un granchè, niente cena o festeggiamenti tutti assieme, ma solo un regalo da parte mia e Stephanie: un’imbottitissima poltrona per computer! (vi stupite ancora? Questa è l’America!)

Ma ora facciamo un salto indietro fino a domenica scorsa. Come avevo infatti accennato qualche post fa, dopo colazione LaRae e Stephanie mi hanno portato al matrimonio di una “qualche amica che non vedevano da molto tempo“, che aveva spostato un “tizio non ben definito“, che forse… insomma, ci siamo imbucati ad un matrimonio!

Si, perchè in America anche questo è possibile! Ci sono centinaia di diverse modalità di matrimonio (così mi ha detto la sposa) e la maggior parte delle volte non sono in chiesa, ma in un luogo piuttosto scenico (…) nel quale è piazzato un altarino o gazebo, spesso di fronte allo stesso ristorante dove si andrà a mangiare e ballare. Non si contano i pasti o le sedie, ma si affitta semplicemente il locale per la durata della festa. Insomma, dieci o mille, veri o falsi parenti, nuovi o vecchi amici, l’importante è divertirsi (e mangiare).

Il matrimonio era sulla spiaggia del lago. Introduzione, promesse, si, anelli, bacio, lancio del bouquet e tanti saluti: tutto nella bellezza di quindici minuti. Quindici minuti passati su una panchina terribilmente scenica, ad osservare un matrimonio terribilmente scenico, sullo sfondo di un tramonto sull’acqua terribilmente scenico, seduto accanto ad un vecchietto barbuto che non ha fatto altro che scaccolarsi per quindici minuti, non troppo scenico. Quindici minuti di una forte sensazione di falsità in tutto questo, di apparenza, solo della necessità di avere delle fotografie terribilmente sceniche, per poi dire “è stato il giorno più bello della mia vita“. E il ristorante\baracca fumante alle nostra spalle non aiutava.

Ma mi sono ricreduto. Non per il degradante locale o l’avvilente buffet, ma per il divertimento. Centinaia di persone che tra un ballo e l’altro si dirigevano di sconosciuto in sconosciuto per fare amicizia, scherzare e fare baldoria all toghether. In questo modo ho conosciuto anche la sposa, che, un po’ su di giri, mi ha raccontato dei varietà di matrimoni, mi ha detto di essere onorata ad avere un ragazzo italiano al suo matrimonio e che, dopo averle accennato dell’amica LaRae ha detto: “Mmm… LaRae, LaRae, LaRae,… Ahhh! LaRae!

Ahhh… l’America!

La scuola prosegue, test dopo test, e in attesa dell’Homecoming sono state inaugurate le “giornate assurde”, o qualcosa del genere. Si tratta praticamente di una gara a chi si veste nel modo più bizzarro possibile: ieri il tema era “gli anni ’50, ’60, ’70 e ’80”, oggi “Tutti Nerd” e domani per domani dobbiamo indossare i colori più accesi e fosforescenti possibili. Mah.

Archiviato il caso “innamoramento domestico”.

Oggi sono stato per tutto il giorno pensieroso ed un po’ giù di giri: ormai è circa un mese che vado a scuola, cerco di essere simpatico e penso di essere amichevole (friendly!), ma non ho ancora stabilito dei gran rapporti di amicizia con molte persone. Non che non abbia conosciuto molta gente o che non parli con nessuno, anzi! Solamente mi aspettavo fosse più facile, ci fossero più persone che mi invitassero ad uscire, mi coinvolgessero in qualche attività e cose del genere. Dicono che è normale e con il tempo, piano piano la situazione cambierà. Spero non troppo piano piano.

23 Settembre

Finalmente abbiamo vinto!

Sono appena tornato da un’emozionante partita – naturalmente trascorsa a bordo campo – La quarta è stata la volta buona! Però niente venti secondo o meno di gloria. Anzi, mi sono toccati i venti secondi di malinconia.

Oggi infatti, prima che iniziasse il gioco, c’è stata la presentazione dei giocatori, accompagnati dai loro genitori. Uno ad uno, chiamati dalla voce al microfono risonante in tutto lo stadio, dovevamo sfilare per il campo, mamma da una parte e papà dall’altra. -“… number 9: Silfio Difant with…” e una voce in sottofondo “There’s no one with him!”. Così, solo soletto ho percorso il campo da parte a parte, il più in fretta possibile, sotto gli occhi di una platea piuttosto affollata. Sniff.

Le giornate si fanno strada, una dopo l’altra in questo freddissimo settembre. Non mancano però momenti di forti emozioni, novità e situazioni decisamente esilaranti.

Per esempio, lunedì scorso, Stephanie mi ha trascinato senza preavviso alle audizioni per il musical. Adoro il teatro, la musica e davvero mi piacerebbe saper cantare, purtroppo però sono stonato come una campana. Ma in fondo, che cosa ho da perdere? Anzi! Magari è la volta buona che con qualche lezione miglioro! E poi Stephanie mi ha detto che ci saranno molti ragazzi, persino peggio di me (difficile), che canteranno cose improponibili. Ed infatti è stato così! Dopo aver ascoltato due ragazze cantare un brano dei Savage Garden meglio dei Savege Garden stessi (ci mancava poco che mi commuovessi), un ragazzo ha decisamente abbassato lo standard con un “Happy Birthday” non troppo happy, per poi essere davvero caduti in basso con una terribile esibizione di un diciassettenne nerboruto che ha intonato la sigla del cartone animato Spongebob, accompagnato dalla voce in falsetto dell’amico (“Siete pronti ragazzi? Si signor capitano! Ohhhh!”).

Io mi sono invece cimentato nell’unica canzone della quale conosco pressochè tutto il testo: “Vivo per lei” di Bocelli e Giorgia. Se forse l’intonazione non avesse fatto colpo, l’italiano lo avrebbe fatto di sicuro!

Ebbene ecco il risultato. Naturalmente sono stati ammessi tutti quanti, perchè la scuola dà la possibilità a chiunque di imparare e dilettarsi nell’arte che preferisce. A tutti. persino al tizio di Spongebob! Ma non a me.

Devo ammettere che un po’ ci sono rimasto male. Non che fosse una priorità, anzi, l’ho saputo all’ultimo momento ed ero piuttosto scettico. Però, scoprirlo da solo, leggendo una lista di nomi appesi ad una parete (tra cui il mio non figurava) e dopo aver chiesto informazioni sul come o perchè, essere scaricato con un “beh, puoi aiutare nelle quinte“, mi ha un po’ demoralizzato. Eh, vabbè. Almeno non ho problemi su come impiegare il tempo!

Da quando la settimana scorsa ho sostituito il corso di Computer Application con College Composition, la fatica ed il tempo di studio sono aumentati alla grande. Nonostante di inglese e matematica (!!!) me la cavi sempre piuttosto bene, ho qualche difficoltà con la scrittura di saggi e testi vari: impiego tantissimo tempo a finirli, faccio qualche errorino grammaticale qua e là e naturalmente uso delle costruzioni delle frasi ed un linguaggio piuttosto elementare. Ma per adesso sono sufficiente e sto migliorando.

Tuttavia questa difficoltà mi fa sentire molto di più, rispetto alle altre classi, la differenza tra me e il resto del gruppo: a volte ne sono contento, ma ogni tanto mi isola involontariamente. Naturalmente sto lavorando anche su questo aspetto, e piano piano anche lui migliorerà.

Ho fatto amicizia con una delle due altre exchange student(esse) tedesche, Isabel. Ha qualche problema con la famiglia ospitante e con alcune materie a scuola: non è proprio una cima, ma è simpatica.

Il prossimo fine settimana ci sarà l’Homecoming, la partita più importante e decisiva della stagione, seguita dalla festa autunnale della scuola. E’ tradizione che le ragazze, o spasimanti, dei giocatori di football della scuola chiedano ai ragazzi la propria maglia numerata, da indossare quel giorno in classe. Due ragazze mi hanno chiesto se potessi dare la mia ad un’altra ragazza, loro amica. E’ nella mia classe di inglese: non è proprio il mio tipo e durante l’ultima lezione ha dimostrato di avere un pessimo carattere. Francamente non ci ho mai parlato, ma nemmeno lei si è sforzata particolarmente, anzi, ha mandato le amiche, e questa cosa non mi piace. In conclusione non penso proprio di dare la mia maglia a lei. Chi vivrà vedrà.

Finalmente la settimana è finita: sono un po’ stanco. Ho sempre meno tempo per curare il blog e questo mi dispiace, ma mi sono ripromesso di tornare a scrivere più spesso.

Buona notte, Italia. P.s. Due giorni fa, mentre stavamo facendo i compiti, Stephanie mi ha confessato di piacerle. Brutta situazione.

16 Settembre

La temperatura si è abbassata.

No, meglio, è precipitata in un buco senza fondo.

In poche parole fa un freddo cane. Il 15 Settembre. E durante la notte va già sotto zero.

Ma la cosa divertente è che pare io sia l’unico ad essermene accorto. Si, perchè mentre io esco di casa con tre maglie, la giacca più pesante che ho (l’unica!) e sciarpa, Stephanie e tutti gli altri miei compagni di scuola continuano ad indossare maniche corte e pantaloncini. Durante la partita di ieri sera (alla quale, per colpa del mio ginocchio ancora dolorante, ho potuto solamente assistere come spettatore) ho passato le due ore di gioco a bordo capo, in pantaloncini ed armatura a battere i denti e fissare il tabellone seguendo il conto alla rovescia dei minuti mancanti. Ho ancora i brividi solo a pensarci. E il bello è che tutti trovano esilarante il fatto che io ritenga queste temperature “invernali”. Sono tre giorni che non sento altro che: -“Hai freddo? Ahahaha… e questo è niente.”- Oppure -“Se pensi che questo sia freddo, quest’inverno morirai”-.

Terrorismo psicologico! Fantastico!

A parte questa parentesi metereologica (che è tutt’altro che irrilevante), l’esperienza scolastica procede e nonostante si stia piacevolmente quotidianizzando, certe sorprese, scoperte o eventi la rendono sempre entusiasmante. Uno di questi è stata la chiacchierata che ho avuto ieri con la professoressa di inglese. Me la cavo piuttosto bene in questa materia e dopo averle parlato di quello che mi piacerebbe fare in futuro, dell’indecisione nella scelta dell’università e di come un “college americano” potrebbe rientrare in questa decisione, mi ha fatto iscrivere nella sua classe più avanzata: “composizione letteraria per il college” (traduzione letteraria). Si tratta praticamente di scrivere, solamente scrivere, e tanto. La cosa difficile però è l’innumerevole numero di regole da seguire per farlo, cose che nel mio liceo in Italia non si sono mai fatte, ma sorprendentemente efficaci. Lunedì ho un colloquio con il preside per il discorso “college”, come funziona, cosa posso fare, che crediti ricevo frequentando queste classi e cose del genere. Devo ammettere che sono particolarmente emozionato per questa cosa: da un po’ avevo abbandonato l’idea dell’università americana per svariati motivi, ma ora mi si è aperta una porta e sono curioso di vedere cosa posso raggiungere seguendola.

Matematica: il mio irrinunciabile incubo. Fino ad ora. Come continuo a ripetere, la classe viaggia ad una velocità spaventosa: abbiamo fatto in una settimana quello che ho studiato (sudando e faticando) negli ultimi due anni. Però che differenza. Il metodo d’insegnamento, aiutato soprattuto dall’ottima predisposizione dall’orario di studio e lezioni è incredibilmente leggero, lineare, chiaro! E si vede! Giovedì abbiamo fatto il primo test. Una A! Ho preso una A! !00%, 10, ottimo, chiamatelo come volete! Io!!! Stentavo a crederci! Non dico che la matematica mi sta iniziando a piacere, però, cavoli, una A!

Finalmente ho un nuovo letto! Con un materasso stile americano (è alto 50 centimetri e ci si sprofonda dentro). Lo amo già.

Due giorni fa è stato pubblicato un articolo sul quotidiano “L’Adige” a proposito di questa mia avventura americana e sul blog che state leggendo. (ecco il link) Ne sono davvero orgoglioso ed onorato. Per questo voglio ringraziare tutti voi lettori che leggendo di giorno in giorno i miei racconti ed essendo sempre più, avete aiutato tutto questo.

Grazie, e buona notte.